Covid-19 e allergia

a cura della Dott.ssa Lucilla Ricottini

Sta arrivando la primavera e la patologia allergica respiratoria inizia a riacutizzarsi.

Il timore è che i sintomi tipici delle pollinosi possano confondersi con i sintomi del più temuto covid-19!

A contatto con i pollini di vari alberi o piante nei soggetti allergici si produce una reazione immunitaria che stimola secrezione nasale e congiuntivale, starnuti e tosse.

A volte si arriva fino all’asma con difficoltà respiratoria (dispnea) e questo sintomo, insieme alla tosse, è quello che maggiormente crea dubbi per la diagnosi differenziale con la malattia da coronavirus.

Ricordiamoci sempre che chi soffre di allergia riconosce per primo e con molta chiarezza i sintomi tipici del proprio problema stagionale, ma ci sono in realtà alcuni criteri che possono guidarci alla giusta diagnosi, permettendoci di non confondere le due patologie in questione.

Un criterio molto importante per distinguere l’allergia dal covid-19 è la febbre, che non è presente nelle forme allergiche mentre lo è quasi sempre nell’infezione da coronavirus. Gli starnuti a raffica e la presenza di scolo acquoso dal naso orientano, invece, verso una rinite allergica.

Proprio per ridurre le problematiche legate alla diagnosi differenziale, gli allergologi raccomandano di non sospendere le cure preventive per l’allergia e di trattare tempestivamente i primi sintomi.

Inoltre è importante evitare che insorga la patologia allergica caratterizzata da tosse e starnuti, perché – nel caso il soggetto allergico contrasse il virus Sars-Cov 2 – più facilmente lo diffonderebbe nell’ambiente circostante.

Ci sono alcuni comportamenti consigliati ai pazienti allergici, come evitare le passeggiate all’aperto nel periodo di massima impollinazione, soprattutto nelle ore centrali.

È sconsigliabile anche ventilare le stanze nelle ore centrali della giornata, per evitare che la casa si riempia di polline; infine è importante che gli allergici respiratori riducano il fumo di sigaretta, in quanto può peggiorare la sintomatologia allergica.

La buona notizia è che non ci sono evidenze scientifiche di un rischio aumentato, per i soggetti allergici respiratori, di contrarre il virus e di avere più complicanze, a meno che non siano affetti da asma bronchiale in forma grave.

Addirittura, un recente studio multicentrico condotto in Italia suggerisce che i pazienti allergici possano essere protetti da forme gravi di COVID-19. Questo perché la polarità allergica sembra frenare la tempesta citochinica, tipica delle forme più gravi di Covid-19. Lo studio è stato pubblicato su ‘Allergy’, la rivista scientifica dell’Accademia europea di allergologia e immunologia.

Anche le allergie alimentari costituiscono un problema in relazione al Covid-19, perché portano a malassorbimento o a restrizioni dietetiche, legate all’esclusione dell’alimento allergizzante: in questo caso vanno tenute in considerazione possibili carenze di micronutrienti come le vitamine A, C, D, il Calcio e lo Zinco, così importanti nella risposta immunitaria alle infezioni.

Le più recenti evidenze scientifiche hanno sottolineato il ruolo della vitamina D nella prevenzione delle infezioni respiratorie e quello della vitamina C nel ridurre la durata delle infezioni delle alte vie aeree, soprattutto quando la patologia infettiva è di origine virale.

Pertanto è necessario verificare l’apporto dei nutrienti nei bambini affetti da allergia ad alimenti, provvedendo a somministrare le giuste integrazioni in caso di carenze.

Considerando poiche i ripetuti lockdown e la ridotta attività all’aperto hanno sfavorito la naturale sintesi di vitamina D che avviene nella pelle sotto l’azione dei raggi solari, le Società Scientifiche di Pediatria raccomandano oggi una supplementazionedi vitamina D alla dose di 600 – 1000 ui al giorno, soprattutto in età prescolare.

In sintesi possiamo dire che controllare l’allergia riduce il rischio di infettare se stessi ma anche di infettare gli altri, soprattutto con starnuti e tosse.

Per questo le terapie preventive, anche di tipo naturale, insieme ad un corretto apporto di micronutrienti, sono di giovamento all’individuo allergico e al contesto sociale che lo circonda.

Controlliamo, pertanto, ed integriamo i livelli di Calcio, Zinco ma anche di Manganese e Rame.

Ricordiamo poi quali sono i fito e gemmo terapici che contribuiscono ad alleviare i sintomi allergici, senza procurare i fastidiosi effetti collaterali, quali ad esempio la sonnolenza e secchezza delle mucose, della terapia farmacologica.

Il Ribes nigrum o ribes nero, che viene utilizzato sotto forma di macerato glicerico, ha una potente proprietà antiinfiammatoria naturale e anche antistaminica; agisce sia a livello cutaneo, che a quello delle vie respiratorie ed è quindi indicato nelle forme di asma lieve, nelle riniti allergiche e croniche, nelle dermatiti e nella congiuntivite allergica.

Gli estratti di foglie di Ortica esercitano la loro azione antiallergica attraverso differenti meccanismi, tra i quali l’inibizione della sintesi di leucotrieni e della produzione di prostaglandine infiammatorie, condivisi da alcuni dei più utilizzati farmaci di sintesi.

La Piantaggine viene utilizzata in fitoterapia per l’azione antinfiammatoria e antiallergica elettiva a livello bronco-polmonare. Studi recenti hanno messo in risalto, oltre all’azione antinfiammatoria che riduce significativamente la tosse spastica di tipo allergico, una significativa attività antibatterica e antivirale. Questi effetti sono dovuti ai numerosi principi attivi contenuti nella pianta.

Infine la Perilla frutescens, le cui foglie sono molto ricche di polifenoli e oli terpenici, contribuisce in maniera elettiva alla riduzione della flogosi allergica, andando ad inibire la produzione delle IgE, le immunoglobuline dell’allergia.

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